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SANTA RITA DA CASCIA

Santa Rita da Cascia, al secolo Margherita Lotti, nacque a Roccaporena, una frazione montagnosa a circa cinque chilometri da Cascia in provincia di Perugia.
Le date di nascita e morte sono incerte; dipendono tra l'altro dall'altezza cui si pone la data della sua salita alla dimora celeste, ovvero il 1447 per alcuni o il 1457 per altri, dopo quarant'anni di vita monacale.
Monaca agostiniana, fu proclamata beata da Urbano VIII nel 1628 e Santa da Leone XIII nel 1900.

SANTA

DEI “CASI IMPOSSIBILI”

DEL PERDONO E PACIERA DI CRISTO

I suoi genitori, Antonio Lottius e Amata Ferri, erano già in età matura quando si sposarono e solo dopo dodici anni di vane attese, nacque Rita, accolta come un dono della Provvidenza. Si racconta che la madre, molto devota, ebbe la visione di un angelo che le annunciava la tardiva gravidanza, che avrebbe ricevuto una figlia e che avrebbe dovuto chiamarla Rita.
Alla sua infanzia è legato un fatto prodigioso; dopo qualche mese dalla nascita, i genitori presero a portare la neonata con loro durante il lavoro nei campi, riponendola in una cesta di vimini. Un giorno, mentre la piccola riposava all’ombra di un albero e i genitori stavano un po’ più lontani, uno sciame di api bianche le circondò la testa senza pungerla, anzi alcune di esse entrarono nella bocca della piccola depositandovi del miele. Nel frattempo un contadino che si era ferito ad una mano, lasciò il lavoro per farsi medicare; passando davanti al cestello e visto la scena, prese a cacciare via le api e qui avvenne la seconda fase del prodigio, man mano che scuotè le braccia per farle andare via, la ferita si rimarginò completamente. L’uomo gridò al miracolo e con lui tutti gli abitanti di Roccaporena, che seppero del prodigio.
 
Rita crebbe nell’ubbidienza ai genitori, i quali a loro volta trasmisero alla figlia tanto attesa, i più vivi sentimenti religiosi.
 
Già dai primi anni dell’adolescenza Rita manifestò apertamente la sua vocazione ad una vita religiosa, frequentando anche la chiesa di Sant’Agostino, scegliendo come suoi protettori i santi che lì si veneravano, oltre Sant’Agostino, San Giovanni Battista e Nicola da Tolentino, canonizzato poi nel 1446.
Aveva tredici anni quando i genitori, forse obbligati a farlo, la promisero in matrimonio a Fernando Mancini, un giovane del borgo, conosciuto per il suo carattere forte, impetuoso e, secondo alcuni studiosi, perfino brutale e violento.
 
Rita non ne fu entusiasta, perché altre erano le sue aspirazioni, ma accetto le insistenze dei genitori andando sposa al giovane.
 
Di lui sopportò con pazienza ogni maltrattamento, senza mai lamentarsi, chiedendogli con ubbidienza perfino il permesso di andare in chiesa. Con la nascita di due gemelli e la sua perseveranza di rispondere con la dolcezza alla violenza, riuscì a trasformare con il tempo il carattere del marito e renderlo più docile.
I figli Giangiacomo Antonio e Paolo Maria, crebbero educati da Rita secondo i principi che le erano stati insegnati dai suoi genitori, ma essi purtroppo assimilarono anche gli ideali e le regole della comunità casciana, che fra l’altro riteneva legittima la vendetta.
Avvenne dopo qualche anno, in un periodo non precisato, che a Rita mancarono i due anziani genitori e poi il marito, ucciso in un’imboscata una sera mentre tornava a casa da Cascia.
Ai figli ormai quindicenni, cercò di nascondere la morte violenta del padre, ma da quel drammatico giorno, visse con il timore della perdita anche dei figli.
Nello stesso tempo i suoi cognati erano decisi a vendicare l’uccisione di Fernando Mancini e quindi anche i figli sarebbero stati coinvolti nella faida di vendette che ne sarebbe seguita.
Narra la leggenda che Rita, per sottrarli a questa sorte, abbia pregato Cristo di non permettere che le anime dei suoi figli si macchiassero a loro volta della vendetta e dell’omicidio, ma piuttosto di toglierli dal mondo, “Io te li dono. Fa' di loro secondo la tua volontà”. Comunque un anno dopo i due fratelli si ammalarono e morirono, fra il dolore cocente della madre. I suoi furono giorni di un secolo tragico per le lotte fratricide, le pestilenze e le carestie.
 
In breve tempo Rita perse tutto quello che aveva costruito, ma non si abbatté, non passò il resto dei suoi giorni a piangere, ma ebbe il coraggio di lottare, per fermare la vendetta e scegliere la pace.
 
Venne circondata subito da una buona fama, la gente di Roccaporena la cercava come popolare giudice di pace.
 
Ormai libera da vincoli familiari, si rivolse alle Suore Agostiniane del monastero di Santa Maria Maddalena di Cascia per essere accolta fra loro; ma fu respinta per tre volte, nonostante le sue suppliche.
I motivi non sono chiari, ma sembra che le Suore temessero di essere coinvolte nella faida tra famiglie del luogo e solo dopo una riappacificazione, avvenuta pubblicamente fra i fratelli del marito ed i suoi uccisori, essa venne accettata nel monastero.
Secondo la tradizione, l'ingresso avvenne per un fatto miracoloso: si narra che una notte, Rita, come al solito, si era recata a pregare sullo "Scoglio" (uno sperone roccioso che s'innalza per un centinaio di metri sopra il villaggio di Roccaporena) e che qui ebbe la visione dei suoi tre santi protettori sopra citati, i quali la trasportarono a Cascia, introducendola nel monastero.
Quando le suore la videro in orazione nel loro coro, nonostante tutte le porte chiuse, convinte dal prodigio e dal suo sorriso, l’accolsero fra loro.
La nuova suora s’inserì nella comunità conducendo una vita di esemplare santità, praticando carità, pietà e tanta penitenza, che in breve suscitò l’ammirazione delle consorelle. Devotissima alla Passione di Cristo, desiderò di condividerne i dolori e questo costituì il tema principale delle sue meditazioni e preghiere.
 
Gesù l’esaudì, e un giorno nel 1432, mentre era in contemplazione davanti al Crocifisso, sentì una spina della corona del Cristo conficcarsi nella fronte, producendole una profonda piaga, che poi divenne purulenta e putrescente, costringendola ad una continua segregazione.
La ferita scomparve soltanto in occasione di un suo pellegrinaggio a Roma, fatto per perorare la causa di canonizzazione di San Nicola da Tolentino, sospesa dal secolo precedente; ciò le permise di circolare fra la gente.

Si era talmente immedesimata nella Croce, che visse nella sofferenza gli ultimi quindici anni, logorata dalla faticha. Nella fase finale della sua vita terrena avvenne un altro prodigio: essendo immobile a letto, ricevette la visita di una parente la quale, nel congedarsi, le chiese se desiderava qualcosa della sua casa di Roccaporena; Rita rispose che le sarebbe piaciuto avere una rosa dall'orto e due frutti di fico; la parente obiettò che si era in pieno inverno e quindi ciò non era possibile. Ma Rita insistette. Tornata a Roccaporena, la parente si recò nell'orticello e, in mezzo ad un rosaio, vide una bella rosa sbocciata e li vicino i due frutti. Stupita, colse il fiore e i frutti e li portò da Rita a Cascia la quale, ringraziando, consegnò tutto alle meravigliate consorelle.
 
Così la Santa vedova, madre, suora, divenne la Santa della ‘Spina’ e la Santa della ‘Rosa’; nel giorno della sua festa questi fiori vengono benedetti e distribuiti ai fedeli.

Il 22 maggio 1447 Rita si spense, mentre le campane da sole suonavano a festa, annunciando la sua ‘nascita’ al cielo. Si narra che il giorno dei funerali, quando ormai si era sparsa la voce dei miracoli, attorno al suo corpo comparvero delle api nere, che si annidarono nelle mura del convento e ancora oggi sono lì; sono api che non hanno un alveare, non fanno miele e da cinque secoli si riproducono fra quelle mura.
Per singolare privilegio il suo corpo non fu mai sepolto, in qualche modo trattato secondo le tecniche di allora, fu deposto in una cassa di cipresso, poi andata persa in un successivo incendio, mentre il corpo miracolosamente ne uscì indenne e riposto in un artistico sarcofago ligneo, opera di Cesco Barbari, un falegname di Cascia, devoto e risanato per intercessione della Santa.
Sul sarcofago vi sono vari dipinti di Antonio da Norcia (1457). Sul coperchio è dipinta la Santa in abito agostiniano, stesa nel sonno della morte su un drappo stellato; il sarcofago è oggi conservato nella nuova basilica costruita tra il 1937 e il 1947; anche il corpo riposa incorrotto in un’urna trasparente, esposto alla venerazione dei fedeli, nella cappella della Santa nella Basilica-Santuario di Santa Rita a Cascia.